Bel l’intervento, Burja, però si conclude col facile forcone invece che con un’ulteriore riflessione e allora...
Partendo dalla fine: cosa hanno fatto i precedenti governi?
Beh, quello che dice (sempre) Cane: hanno dato retta al popolo.
Inutile nascondersi dietro un dito, la maggioranza (si parla di 65/75% dalle stime) delle ditte agricole al Sud utilizza caporalato o sistemi ugualmente evasivi riguardo retribuzione e contribuzione. Similmente avviene nel turismo e nella logistica (per fare altri due esempi).
Tolto l’utilizzo di manodopera sfruttata senza contratto (o con contratti proforma) l’economia del mezzogiorno sarebbe messa (ancor più) in ginocchio.
Via le ‘piccole e medie imprese’ che sembrano stare a cuore ai partiti di destra e hanno sostituito i lavoratori in quello dei partiti di presunta sinistra.
Dunque così ci va bene.
Va bene agli italiani e i governi danno retta al sentire comune.
In realtà qualcosina (dopo Rosarno & Co.) è stato fatto dal punto di vista normativo e legge sul caporalato (Martina-Orlando) è un inizio.
Purtroppo però restano, a mio parere, aperti tre punti (strutturali e di difficile soluzione) che ne diminuiscono (o inficiano) l’efficacia:
1) la legge ha previsto un aumento delle sanzioni a carico dei datori di lavoro che utilizzano i caporali, questo ha portato ad un aumento della formalizzazione dei contratti (così l’imprenditore si para le chiappe) che però sonò solitamente contratti a 3/4 ore al giorno quando il lavoratore ne passa nei campi 8/10.
Ovviamente se ci fosse un controllo -guardacaso- il lavoratore risulterà in regola e dichiarerà di aver iniziato il proprio turno da appena mezz’ora;
2) la legge rinforza il concetto che chi, cittadino straniero, denunci il datore lavorativo per ‘grave sfruttamento’ possa avere un permesso di soggiorno simile a quello utilizzato per chi è vittima di tratta.
Però per mangiare serve un lavoro che il permesso di soggiorno (quando e se arriverà) non garantisce.
Quei 3/500€ al mese fanno la differenza per un richiedente asilo che non ha nient’altro e che vive in quelle cataste di lamiere che conosciamo.
Ho peraltro visto sentenze nelle quali il giudice ha considerato che non sussistesse ‘grave sfruttamento’ perché il lavoratore era comunque contrattualizzato, ignorando come in contratto fosse da 2 ore e ne venissero lavorare 10 a paga fuori da ogni CCNL;
3) c’è la crisi, mancano i soldi, gli ispettori del lavoro sono pochi e mettono mal volentieri il naso fuori dall’ufficio.
Inoltre questo è un argomento che non porta tanti voti e romperebbe le valle alle ‘piccole e medie imprese’, meglio lasciar perdere.
Comunque: negli ultimi due anni i controlli (in generale non solo riguardo l’argomento) sono diminuiti del 40%. A che serve inasprire le pene se poi ne becchi meno?
Il problema è comunque di tutta Italia.
Nella mia zona c’è la questione cinese che si configura similmente.
Dopo il rogo di via Toscana (primo processo nel quale sono stati condannati come responsabili anche i proprietari italiani dello stabile per omessa vigilanza sul bene) di qualche anno orsono dove morirono cinque persone che dormivano dove lavoravano è stato messo in piedi dalla regione (il tanto bistrattato Rossi) un piano che ha previsto l’assunzione di nuovi ispettori (ASL) dedicati esclusivamente ai controlli.
In due quattro anni sono stati eseguiti più di 7.000 controlli.
Sono stati eseguiti sequestri, elevate sanzioni e individuate tutta una serie di irregolarità (di sicurezza ma anche contributive).
Il secondo giro di controlli (dopo i primi due anni) ha avuto come esito un numero significativamente minore di irregolarità rilevate.
In questo caso la paura del controllo pare aver prodotti -in qualche modo- un miglioramento della cultura imprenditoriale (in realtà sono state offerte anche opportunità di formazione) e del conseguente (non sempre ma spesso) sfruttamento.
Certo, nel caso locale il problema specifico delle fabbriche promiscue nelle quali si dorme (problema di sicurezza, se qualcosa prende fuoco quelli a dormire nei loculi ci restano arrosto come è successo) è in via di risoluzione ma l’economia si evolve e anche qua hanno capito come sia più semplice pagare un caporale per passare tutte le mattine davanti ai Centri di Accoglienza Straordinaria delle prefetture e fare qualche carico di richiedente asilo.
Nella catena alimentare capitalistica sono loro (appesi alla burocrazia italiana, ancora senza arte, parte o permesso di soggiorno che li renderebbe assumibili regolarmente) l’anello più debole attualmente.
Si accontentano di tutto perché non hanno nulla e non c’è nemmeno da farli dormire in fabbrica perché ci pensa la prefettura.
E, badate bene, non è questione di colore e di cinesi, un fattaccio del genere è avvenuto, sempre in Toscana, vicino Firenze, in un podere di Sting.
Ho avuto modo di conoscere di persona un paio di ricercatori che si occupano dell’argomento e vi consiglio l’ottimo lavoro di
Federico Oliveri (lavora con l’Università di Pisa, non me ne vogliano i livornesi iscritti) che in parte trovate su
www.lavorosicuro.org.
Come pure Antonello Mangano del quale vi consiglio il non attualissimo ma interessante “La rosarnizzazione del lavoro” (Terrelibere 2015).
In realtà sono anche nel gruppo che organizzerà un convegno che si dovrebbe tenere il 18 ottobre (giornata internazionale contro la tratta di esseri umani) proprio sull’argomento.
Già che ‘sto topic dimostra un certo interesse vi terrò informati ed invito fin d’ora i locali (tipo entrambi gli intervenuti Burja e Cane) a tenersi liberi e a partecipare