La bolletta astronomica dell'intelligenza artificiale (a cui l’Italia non è ancora pronta)

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La bolletta astronomica dell'intelligenza artificiale (a cui l’Italia non è ancora pronta)

Messaggio da wilcoyote »

Articolo sulla sezione "Tecnologia" del Corriere della Sera. E' lungo ma vale la pena leggerlo tutto, per rendersi conto di un ulteriore enorme problema che ci trova completamente impreparati.

Succede a tutti di avere un momento in cui dici: «Come ho fatto a non capirlo prima?». A me è capitato al World Economic Forum di Davos, quando in una sala affollata si è alzato un uomo di nome Toshihaki Higashihara. È il presidente del conglomerato giapponese e Hitachi e a Davos ha detto una cosa semplice e terribile: ha citato una stima secondo la quale entro il 2050 i centri di calcolo informatico («data center» o «cloud») avranno bisogno di «mille volte più energia elettrica di oggi» a causa dei loro consumi «associati al funzionamento dell’intelligenza artificiale» (AI). E non è una questione remota: è su di noi.

A2A deve triplicare la potenza elettrica su Milano

Lunedì scorso Renato Mazzoncini, l’amministratore della società lombarda di servizi in rete A2A, ha detto che la sua azienda dovrà triplicare la potenza elettrica su Milano per sostenere picchi di consumo molto più alti. Perché? Perché una singola ricerca su ChatGPT, la piattaforma di intelligenza artificiale di OpenAI, «consuma tre volte l’energia che consumava Google per dare la stessa risposta». Le implicazioni per l’ambiente o per le scelte davanti alle quali una rivoluzione del genere mette ogni Paese sono gigantesche: dobbiamo aumentare esponenzialmente i consumi di elettricità – con tutto ciò che questo comporta per le fonti energetiche e per il clima – o è meglio accettare una decrescita (più o meno) felice nella quale perdiamo terreno sui Paesi che usano di più le tecnologie e dunque sono più produttivi, più veloci, più ricchi, più capaci di attrarre anche i nostri giovani più istruiti? E ci stiamo rendendo conto che siamo davanti a un bivio del genere?

Un consumo di energia pari a quello della Svizzera

Confesso di non essere uno specialista di AI, dunque mi affido chi ne sa infinitamente di più. A una conferenza dell’Aspen Institute Italia a Venezia due giorni fa il professore di Electrical Engineering e Computer Sciences dell’Università di California a Berkeley, Alberto Sangiovanni-Vincentelli, ha riassunto ciò che sta accadendo con un paragone: «In prospettiva – ha detto – l’utilizzo dei server per allenare le reti neurali, che rappresentano solo una parte dei sistemi di intelligenza artificiale, consuma tanta energia elettrica come la Svizzera. Può essere che in futuro avremo nuove architetture che consumano meno – osserva Sangiovanni-Vincentelli – ma questo è il quadro attuale». Jensen Huang, l’amministratore delegato del colosso americano dei microchip Nvidia, prevede che la rivoluzione dell’AI nei prossimi cinque anni porterà a raddoppiare da mille a duemila miliardi di dollari il valore degli investimenti realizzati in data centre nel mondo.

Il fabbisogno energetico di ChatGPT

Un data centre è un grosso centro di calcolo costituito di migliaia di computer che ricevono, conservano e processano i dati prodotti o lavorati dai nostri computer: dal più piccolo dei laptop di un adolescente ai sistemi digitali delle grandi aziende, dei governi o dei grandi centri di ricerca. L’intelligenza artificiale usa i data centre in modo particolarmente intenso perché i suoi cosiddetti «large language model», in sostanza i sistemi grazie ai quali le piattaforme di AI prevedono le risposte alle domande che ricevono, si formano su quantità colossali di dati per arrivare a fare «inferenze» sui risultati che sembrano statisticamente più probabili. Solo il creare quell’intelligenza artificiale «generativa» consuma tantissima energia. Quindi, quando voi chiedete per esempio a ChatGPT di scrivere per voi un’email per candidarvi a un posto di lavoro, per stabilire un contatto di affari o gli chiedete di scrivere il vostro prossimo compito di italiano su Leopardi, quella richiesta innesca un nuovo enorme consumo elettrico: attraverso i data centre, risale a milioni o miliardi di esempi già presenti in rete e vi fornirà la risposta che sembra matematicamente più probabile.

Data centre e semiconduttori

I data centre dell’intelligenza artificiale funzionano grazie a semiconduttori che, da decenni, diventano sempre più piccoli. Oggi i transistor più avanzati contenuti in un chip hanno il diametro di due nanometri, cioè due miliardesimi di metro: non si vedono ad occhio nudo. La cosiddetta «legge di Gordon Moore» – da uno dei fondatori dell’industria dei semiconduttori americana negli anni ’60 – prevede che il progresso nella potenza dei microchip, dunque nella loro efficienza e nella loro capacità di funzionare con meno energia, sia esponenziale: raddoppia due anni. In un circuito integrato entreranno sempre più transistor. Ma la rivoluzione dell’AI sta infrangendo quella «legge» o meglio la sta inopinatamente rendendo inutile. La brutale fame di infrastrutture digitali e di energia dell’intelligenza artificiale aumenta il fabbisogno di data centre e il consumo elettrico in modo apparentemente incontrollabile.

L’aumento della necessità di calcolo

Mi dice Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia: «A parità di capacità di calcolo, i consumi dei microchip decrescono grazie alla riduzione delle dimensioni dei transistor: più sono piccoli, meno consumano. Ma evidentemente siamo entrati in una fase in cui l'aumento delle necessità di calcolo sta accelerando più rapidamente di quanto si riesca a rendere più piccoli ed efficienti i chip da un punto di vista del consumo di energia». Oggi un tipico data centre negli Stati Uniti consuma dieci volte più megawatt di dieci anni fa e il fabbisogno dell’AI sta quintuplicando entro il 2025, come peso relativo nel totale del consumo dei data centre.

I Paesi devono programmare

Dunque per integrare l’intelligenza artificiale nei suoi sistemi, nelle sue imprese, nella sua sanità, nella sua amministrazione, nelle sue capacità di difesa o di gestione delle sue banche, un Paese ha bisogno di una programmazione micidiale. Deve investire nell’infrastruttura dei data centre, altrimenti sarà costretto ad immagazzinare i suoi dati più sensibili e strategici nei centri di altri Paesi: non si sentirebbe mai davvero al sicuro. Deve immaginare da dove attingere a sempre nuove fonti di energia, per alimentare quei data centre e deve capire come farlo in modo da non alimentare le emissioni a effetto serra: non potrà certo aprire nuove centrali a carbone e probabilmente neppure a gas, né potrà sostenere il conto di comprare tutta quell’energia dall’estero. Deve anche accettare che le fonti rinnovabili non garantiscono le quantità e la stabilità del flusso che serve per far funzionare centinaia, migliaia di centri di calcolo a flusso continuo. Deve poi pensare alle autostrade su cui far viaggiare quei dati: quelle di oggi non reggerebbero e sarebbero facilmente attaccabili dai pirati della rete. Mi dice ancora Giorgio Metta, il direttore scientifico dell’IIT: «Per connettere fra loro alcuni dei nostri centri di ricerca, abbiamo iniziato a investire somme rilevanti per dotarci di fibre ottiche dedicate fino a 400 Gigabit al secondo, perché la connettività ordinaria non basta. Dati da spostare tra i nostri centri a Genova possono essere un milione di volte più ingombranti di un film o un video da scaricare su un'utenza domestica».

Il piano della Francia

C’è chi ha iniziato a pensare al futuro in maniera strategica, perché la rivoluzione dell’AI cambia le strutture di un sistema. Sam Altman, il CEO di OpenAI (nella foto sopra) che ha di fatto innescato l’attuale ondata di intelligenza artificiale «generativa», lo ha capito: sta investendo nella produzione diretta di microchip, perché non vuole dipendere da quelli di Nvidia; e investe anche in due start up nell’energia nucleare civile (una a fissione, l’altra a fusione) per garantirsi l’energia di cui la sua azienda avrà bisogno. Dice Altman: «Il mondo ha bisogno di più infrastrutture dell’AI – di più fabbriche di chip, di più energia, di più data centre – di quanti oggi si programmi di costruire». La Francia sta lanciando un programma di quattordici nuove centrali nucleari – attirando a suon di centinaia di milioni di euro anche delle start up del settore nate in Italia – in gran parte per alimentare i data centre che sta costruendo e così competere nell’AI.

L’Italia è impreparata

E noi? Possiamo decidere che in Italia l’AI non c’interessa. Un rapporto co-prodotto per il think tank Teha da Microsoft (che è parte in causa, come azionista di riferimento di Sam Altman a OpenAI) prevede che integrare l’intelligenza artificiale nelle imprese, nella sanità e nelle amministrazioni in Italia porterebbe a un aumento di capacità di cura e un aumento di valore aggiunto dell'economia italiana di 312 miliardi – a parità di ore lavorate – entro il 2040. Sarebbe un modo per compensare in parte il calo di capacità produttiva che arriverà dalla perdita di quasi quattro milioni di lavoratori a causa della demografia. Ma, appunto, possiamo decidere che non c’interessa. Che vogliamo continuare con le tecnologie del Novecento, scalando all’indietro di una o due marce. Sarebbe legittimo: scegliamo di rientrare fra quelli che Jensen Huang di Nvidia chiama gli «haves not» della nuova rivoluzione, contrapposti invece agli «haves», i ricchi che ce l’hanno.

Invece noi vogliamo avercela. Vogliamo tutto: questo mondo e quell'altro. Vogliamo restare nella «serie A» del mondo avanzato. Ma, con pochissime e sparse eccezioni, non facciamo niente per questo: non ci stiamo neanche rendendo conto della capacità di visione e del coraggio che servirebbe.
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Re: La bolletta astronomica dell'intelligenza artificiale (a cui l’Italia non è ancora pronta)

Messaggio da finestraweb »

Mi ricordo quando dicevano: "Non stampare questi fogli su carta, preserva l'ambiente. Leggi il documento al pc".
Bella roba.
Non interessava preservare gli alberi, ma tenere accesi i pc.
Ed era meglio non chiedersi: "ma la corrente elettrica è gratis ed ecologica?"
Le auto elettriche: come pensiamo di ricaricarle?
E, per ultimo, la AI.
Il sistema "spinge e sovvenziona" in quella direzione, ma non fornisce le risposte alla domanda: "come li alimentiamo?"
Aspetta che il bubbone esploda per poter calare la propria decisione, come un capogita che organizza, per dei vacanzieri con idee incerte, una gita al mare, senza dire ai vacanzieri dove li sta portando, per poi arrivati alla spiaggia dire: "oh, siamo in spiaggia, fareste meglio a comprarvi un costume e gettare gli scarponi".

Allora, il problema è di fondo.
La politica non guida più lo sviluppo, decide linee, poi se serve si genuflette alle esigenze altrui, mancando di coerenza.
In Italia fu votato un referendum sull'energia nucleare.
Ma è "roba vecchia", votata da un "branco di ignoranti impauriti": la democrazia popolare è vetusta, le decisioni vanno prese in fretta, non è più tempo di processi decisionali tra più parti, il mondo è globale e pochi decidono, tutti gli altri si adattano e devono indorare la pillola ai propri elettori, con voltafaccia clamorosi.
D'altronde viviamo in tempi in cui si pensa di fare il Ponte sullo Stretto in 5 anni, con posa della prima pietra entro la fine del 2024, si parla del nucleare come un qualcosa di ecologico e facile e veloce da realizzare e per finire, si parla pure dell'uso di "bombe nucleari tattiche" come fossimo ai tempi di Hiroshima.
"Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre" - Albert Einstein
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Re: La bolletta astronomica dell'intelligenza artificiale (a cui l’Italia non è ancora pronta)

Messaggio da wilcoyote »

finestraweb ha scritto: 14 mar 2024, 11:08 Mi ricordo quando dicevano: "Non stampare questi fogli su carta, preserva l'ambiente. Leggi il documento al pc".
Bella roba.
Non interessava preservare gli alberi, ma tenere accesi i pc.
Ed era meglio non chiedersi: "ma la corrente elettrica è gratis ed ecologica?"
Le auto elettriche: come pensiamo di ricaricarle?
E, per ultimo, la AI.
Il sistema "spinge e sovvenziona" in quella direzione, ma non fornisce le risposte alla domanda: "come li alimentiamo?"
Aspetta che il bubbone esploda per poter calare la propria decisione, come un capogita che organizza, per dei vacanzieri con idee incerte, una gita al mare, senza dire ai vacanzieri dove li sta portando, per poi arrivati alla spiaggia dire: "oh, siamo in spiaggia, fareste meglio a comprarvi un costume e gettare gli scarponi".

Allora, il problema è di fondo.
La politica non guida più lo sviluppo, decide linee, poi se serve si genuflette alle esigenze altrui, mancando di coerenza.
In Italia fu votato un referendum sull'energia nucleare.
Ma è "roba vecchia", votata da un "branco di ignoranti impauriti": la democrazia popolare è vetusta, le decisioni vanno prese in fretta, non è più tempo di processi decisionali tra più parti, il mondo è globale e pochi decidono, tutti gli altri si adattano e devono indorare la pillola ai propri elettori, con voltafaccia clamorosi.
D'altronde viviamo in tempi in cui si pensa di fare il Ponte sullo Stretto in 5 anni, con posa della prima pietra entro la fine del 2024, si parla del nucleare come un qualcosa di ecologico e facile e veloce da realizzare e per finire, si parla pure dell'uso di "bombe nucleari tattiche" come fossimo ai tempi di Hiroshima.
Il solito minestrone qualunquista e (assai) disinformato.

Scusa se ti distruggo con poche parole, mi riservo una risposta più ragionata quando avrò tempo.
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