Re: Che si cucina stasera?
Inviato: 9 gen 2023, 11:53
Apro una parentesi in questo thread, parlando di vino, partendo da una premessa: non me ne intendo di vini e nemmeno di orologi.
Non posso dire di "apprezzare il vino": mi interessa conoscerlo per "cultura e conoscenza".
Sarà un'idea romanzata, ma ci sono zona che coltivano la vite e fanno il vino da secoli: conoscere il loro vino è un modo per conoscere le zone stesse e materia di dialogo con chi le abita.
In fatto di vino ho le mie preferenze, ma questa è secondario.
Conclusa la premessa, ho avuto modo in questi giorni di festa di chiacchierare un po' con una persona da più di 10 anni attiva nel commercio al dettaglio del vino: doveva essere una chiacchierata disinteressata, ma sappiamo che c'è chi, per indole, non smette mai di lavorare.
Sicuramente il suo mestiere oggi non è facile, perché deve fronteggiare la grande distribuzione, per cui deve sempre cercare e proporre vini alternativi.
Riporto alcune affermazioni che ha fatto:
1) in Italia il mercato è tradizionalista ed è attaccato alla "purezza".
Qui cioè il vino deve provenire dalla stessa uva, le miscele non sono apprezzate, sono sinonimo di vino economico.
Questo secondo lui è un grosso peccato, perché in questo modo il pubblico si preclude dei vini che sono molto buoni.
Unendo le sapidità di uve diverse, si ottiene un prodotto "migliore" di quello ottenibile dalla singola uva: mischiando si possono colmare le lacune legate alla singola uva, è insomma possibile ottenere il meglio delle diverse uve.
Questo discorso l'ha legato ad esempio molto alla Francia, dove sono "più avanti di noi" su questo fronte.
L'innalzamento climatico ha fatto aumentare la bontà di uve provenienti da zone che hanno beneficiato assai di queste ultime estati più calde: sono produzioni piccole, si tratta di regioni che non hanno vini "di pregio" propri (docg, se dico correttamente).
La conseguenza di tutto questo è che in Italia si consumano gli stessi tipi di viti, mentre in Francia c'è più varietà.
A rifletterci:
a) certamente, per chi può vantare una "purezza" di valore, la difende e la valorizza. Chi non può vantarla, cerca altre strade.
b) forse il "bello" del vino, è farlo buono senza troppi maneggi.
Un vino buono ottenuto da uve diverse, è un po' come un meca-quarz.
Il vino è il vino, non è una bevanda al gusto di vino.
c) che io sappia, l'innalzamento climatico, ha aumentato la bontà delle uve dalle viti che non hanno patito la siccità (ad esempio, perché non sulla collina, ma in basso, cioè più vicine alla falda).
2) in Italia c'è l'attacamento al tappo di sughero.
Ormai ci sono materiali sintetici che offrono caratteristiche superiori eppure sono associati a vini "economici"
All'estero il vino con il tappo a vite non scandalizza
3) il discorso che veramente più mi ha stonato: legare la bontà di un vino, al suo prezzo.
4) i vini rossi non vanno più bene per i gusti di oggi, perché la gente vuole vini leggeri: a cena in due devi poterti finire la bottiglia.
5) non ha parlato, perché poco interessato, dei consorzi, che da discorsi sentiti da altri parenti, non ho ben capito se sono strumenti di sviluppo del prodotto (come dovrebbero essere) o strumenti di spartizione.
Qualche anno fa, il presidente del consorzio del moscato ebbe problemi perché accusato di aver favorito la propria cantina.
Non mi ricordo se ho dimenticato qualcosa... ma è abbastanza per me per vedere assonanze tra il settore del vino e quello degli orologi.
Anche tra gli appassionati di orologi ci sono i "modernisti", quelli che ti esaltano l'anello di tenuta del movimento in plastica, anziché in metallo, perché assorbe meglio i colpi.
O quelli che ti giustificano (ed esaltano), nel movimento famoso e noto, la presenza di pezzi in plastica per fronteggiare i rischi del "magnetismo".
La plastica nell'anello di tenuta porterà anche benefici in caso di colpi alla cassa, ma quella è la giustificazione che ne è stata data all'adozione: in realtà è stata adottata perché costa meno del metallo.
Se non hai accesso a viti "di pregio", ti metti a fare "le miscele" e "boicotti" la "purezza", perché non ce l'hai o perché comunque, la purezza è un costo.
Anche negli orologi: conoscerne il valore è difficile, ma conoscerne il prezzo è facilissimo.
Conta molto anche il brand.
Anche tra coloro che sono addetti ai lavori, ci sono idee discordanti.
Per me, conta molto la qualità percepita, che chiama due fattori: la qualità del prodotto, ma anche la capacità dell'utente di percepirla.
Se proprio vogliamo, l'utente va "educato", ma non a spendere di più per il solo fine di spendere di più: il che è in realtà "l'educazione" che viene data al cliente, perché è a beneficio di chi vende il vino.
Personalmente da questa chiacchierata me ne sono tornato a casa contento della pratica di recarsi a prendere il vino direttamente in cantina..
Uno di quei posti quasi senza insegna, senza sito internet, in cui vai "perché lo conosci", dove se "hai la passione", puoi recarti con le damigiane ed imbottigliartelo tu.
Il vino è anche questo e disguisirne, senza predersi troppo sul serio.
Non posso dire di "apprezzare il vino": mi interessa conoscerlo per "cultura e conoscenza".
Sarà un'idea romanzata, ma ci sono zona che coltivano la vite e fanno il vino da secoli: conoscere il loro vino è un modo per conoscere le zone stesse e materia di dialogo con chi le abita.
In fatto di vino ho le mie preferenze, ma questa è secondario.
Conclusa la premessa, ho avuto modo in questi giorni di festa di chiacchierare un po' con una persona da più di 10 anni attiva nel commercio al dettaglio del vino: doveva essere una chiacchierata disinteressata, ma sappiamo che c'è chi, per indole, non smette mai di lavorare.
Sicuramente il suo mestiere oggi non è facile, perché deve fronteggiare la grande distribuzione, per cui deve sempre cercare e proporre vini alternativi.
Riporto alcune affermazioni che ha fatto:
1) in Italia il mercato è tradizionalista ed è attaccato alla "purezza".
Qui cioè il vino deve provenire dalla stessa uva, le miscele non sono apprezzate, sono sinonimo di vino economico.
Questo secondo lui è un grosso peccato, perché in questo modo il pubblico si preclude dei vini che sono molto buoni.
Unendo le sapidità di uve diverse, si ottiene un prodotto "migliore" di quello ottenibile dalla singola uva: mischiando si possono colmare le lacune legate alla singola uva, è insomma possibile ottenere il meglio delle diverse uve.
Questo discorso l'ha legato ad esempio molto alla Francia, dove sono "più avanti di noi" su questo fronte.
L'innalzamento climatico ha fatto aumentare la bontà di uve provenienti da zone che hanno beneficiato assai di queste ultime estati più calde: sono produzioni piccole, si tratta di regioni che non hanno vini "di pregio" propri (docg, se dico correttamente).
La conseguenza di tutto questo è che in Italia si consumano gli stessi tipi di viti, mentre in Francia c'è più varietà.
A rifletterci:
a) certamente, per chi può vantare una "purezza" di valore, la difende e la valorizza. Chi non può vantarla, cerca altre strade.
b) forse il "bello" del vino, è farlo buono senza troppi maneggi.
Un vino buono ottenuto da uve diverse, è un po' come un meca-quarz.
Il vino è il vino, non è una bevanda al gusto di vino.
c) che io sappia, l'innalzamento climatico, ha aumentato la bontà delle uve dalle viti che non hanno patito la siccità (ad esempio, perché non sulla collina, ma in basso, cioè più vicine alla falda).
2) in Italia c'è l'attacamento al tappo di sughero.
Ormai ci sono materiali sintetici che offrono caratteristiche superiori eppure sono associati a vini "economici"
All'estero il vino con il tappo a vite non scandalizza
3) il discorso che veramente più mi ha stonato: legare la bontà di un vino, al suo prezzo.
4) i vini rossi non vanno più bene per i gusti di oggi, perché la gente vuole vini leggeri: a cena in due devi poterti finire la bottiglia.
5) non ha parlato, perché poco interessato, dei consorzi, che da discorsi sentiti da altri parenti, non ho ben capito se sono strumenti di sviluppo del prodotto (come dovrebbero essere) o strumenti di spartizione.
Qualche anno fa, il presidente del consorzio del moscato ebbe problemi perché accusato di aver favorito la propria cantina.
Non mi ricordo se ho dimenticato qualcosa... ma è abbastanza per me per vedere assonanze tra il settore del vino e quello degli orologi.
Anche tra gli appassionati di orologi ci sono i "modernisti", quelli che ti esaltano l'anello di tenuta del movimento in plastica, anziché in metallo, perché assorbe meglio i colpi.
O quelli che ti giustificano (ed esaltano), nel movimento famoso e noto, la presenza di pezzi in plastica per fronteggiare i rischi del "magnetismo".
La plastica nell'anello di tenuta porterà anche benefici in caso di colpi alla cassa, ma quella è la giustificazione che ne è stata data all'adozione: in realtà è stata adottata perché costa meno del metallo.
Se non hai accesso a viti "di pregio", ti metti a fare "le miscele" e "boicotti" la "purezza", perché non ce l'hai o perché comunque, la purezza è un costo.
Anche negli orologi: conoscerne il valore è difficile, ma conoscerne il prezzo è facilissimo.
Conta molto anche il brand.
Anche tra coloro che sono addetti ai lavori, ci sono idee discordanti.
Per me, conta molto la qualità percepita, che chiama due fattori: la qualità del prodotto, ma anche la capacità dell'utente di percepirla.
Se proprio vogliamo, l'utente va "educato", ma non a spendere di più per il solo fine di spendere di più: il che è in realtà "l'educazione" che viene data al cliente, perché è a beneficio di chi vende il vino.
Personalmente da questa chiacchierata me ne sono tornato a casa contento della pratica di recarsi a prendere il vino direttamente in cantina..
Uno di quei posti quasi senza insegna, senza sito internet, in cui vai "perché lo conosci", dove se "hai la passione", puoi recarti con le damigiane ed imbottigliartelo tu.
Il vino è anche questo e disguisirne, senza predersi troppo sul serio.