DaniLao ha scritto:Molto molto bello Antonio (il resto l'ho capito ma ti invito a non lasciarti abbuiare da pensieri agitosi

)
Non ti preoccupare, le oscurità del passato illuminano, abbuiano solo chi vede sempre tutto chiaro e razionale
S.P.K. ha scritto:economia della scarsità: non si butta via nulla!
oh! ecco! aspettavo l'occasione

che riusassimo questa espressione per chiarirla dal punto di vista formale.
Quindi piccolo sermone di routine.
L'espressione "economia della scarsità" lascia intendere una società regolata da una economia dove scarseggiano i beni di consumo. In genere è questa l'immagine che si aveva dell'Unione Sovietica.
Invece il concetto venne introdotto da alcuni economisti con un significato leggermente diverso, anche se tra le sue conseguenze più importanti ci fosse proprio la scarsità di alcuni generi di consumo, ma non solo.
Nella società sovietica le imprese non avevano un vero e proprio vincolo di bilancio. Vincoli c'erano ma erano molto leggeri. Lo Stato non consentiva il fallimento delle imprese.
Questo è il punto di partenza.
Poi c'è da tener presente come funzionava il piano economico. Per far fronte alle previsioni del piano, agli aumenti della produzione, alle prevedibili e imprevedibili mancanze di rifornimenti e materie prime, le imprese tendevano a richiedere risorse sempre maggiori di quanto in realtà occorressero.
Quindi più manodopera, più materie prime, più capitali.
In questo modo l'economia si trovava sempre in condizioni di scarsità di risorse destinate alla produzione. Un autentico circolo vizioso.
Questo è quello che si intendeva per "economia della scarsità". In realtà si buttava via molto

o, anche , si riciclava molto (che faccio mi rimetto a parlare dei loghi

).
Tale situazione non ebbe sempre gravi conseguenze per tutta la fase sviluppo "estensivo" dell'economia sovietica, cioè fino agli anni '60, ma ha mostrato tutto il suo peso negativo, e con continuità, a partire dagli anni '70.
Le code ai negozi, la carenza di determinati beni di consumo, alimentari,ecc. erano uno degli effetti di questo meccanismo. Non si trattava cioè di una scarsità generalizzata. Tanto è che di regola poteva esserci abbondanza di certi bene e carenza di altri.
E molto spesso era anche una scarsità di qualità essendo tutto basato sulla quantità indipendentemente dalla qualità e da quale "quantità".
Se erano richiesti centomila paia di scarpe l'importante era produrne centomila (accaparrandosi più risorse possibili), poco importava la qualità e la diversificazione per numero di piede.
Immaginiamo, tanto per fare un esempio di comodo, che le due fabbriche di orologi di Mosca avessero in un determinato periodo la forza contrattuale e politica per assicurarsi buona parte dei macchinari necessari, i metalli, ecc.
Ecco che le fabbriche di Mosca sarebbero state in grado di soddisfare il piano, se non di superare le quote previste con i relativi premi, mentre le altre fabbriche sarebbero state a corte del necessario per raggiungere i loro obiettivi.
Dunque, disponibilità di Poljot e Slava, scarsità di Luch, Raketa, Molnja Wostok,...
Dal punto di vista pratico, qualunque sia la definizione di "economia della scarsità", i cittadini vivevano un disagio reale. Abbondanza di taglie grandi, carenza di quelle più diffuse. Alla fine se la tua taglia è una 48 a che ti serve trovarne tante di 54?
PS
Da ricordare che i piani economici misuravano in termini di tonnellate, quasi mai di unità. Un 46 di scarpa e un 54 di giacca pesano di più di un 41 o di una 48. Sembrerà banale, e detto così anche un po superficiale, ma di fatto questo portava alla scarsità delle taglie più diffuse e necessarie.
Le tonnellate previste erano raggiunte più agevolmente, le taglie necessarie non erano considerate.
Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l'anima in fiamme.
(Charles Bukowski)